Ci parli della sua storia.
«Sono nata a Homs, un’antichissima città della Siria Occidentale, nel 1989. Ho vissuto in Siria fino ai ventisette anni, prima della guerra si stava bene, si poteva studiare liberamente. Ma l’adolescenza, si sa, è un periodo di forti tensioni: ho dovuto affrontare una malattia legata allo stress che mi ha rallentato e ho preso in ritardo il diploma. Era iniziata con dei forti dolori allo stomaco, poi la situazione è degenerata fino a provocare una perforazione dello stomaco, e per lungo tempo sono stata costretta a seguire una dieta rigidissima. Per due anni mi sono trasferita da mia sorella e poco tempo dopo ho trovato l’amore. Con mio marito ci siamo sposati due settimane dopo il nostro primo incontro. Abbiamo avuto due bambine».
Nel 2011 è scoppiata la guerra.
«Sono stati anni molto difficili. In quanto cristiana è diventato sempre più complesso andare all’università (che ho dovuto lasciare), non si poteva andare nemmeno in chiesa. Per tanti mesi siamo stati costretti a rimanere dentro casa, sotto bombardamenti continui, con il problema di trovare anche solo qualcosa da mangiare. Homs è stata assediata a lungo dall’esercito di Assad, in seguito c’è stato l’arrivo dell’Isis. Molti sono stati uccisi, io stessa ho temuto per la mia vita e ho rischiato di finire prigioniera o schiava. Un primo tentativo di fuga nel deserto non è andato a buon fine, allora mio marito si è mosso da solo, grazie al passaggio di un ragazzo che andava a Beirut in moto. In due mesi ha preparato i documenti per venire in Italia. Io l’ho raggiunto con le bambine e siamo partiti».
Dopo cos’è successo?
«Tanti spostamenti. Da Roma siamo arrivati in Sardegna, a Badesi, dove siamo rimasti un anno e tre mesi, quindi siamo stati a Iglesias, a Terni in Umbria e di nuovo a Iglesias. Nel frattempo è nata la nostra terza figlia. Siamo a Emmaus dall’11 luglio 2018 e ci siamo trovati da subito molto bene. Viviamo in uno dei due appartamenti dello SPRAR in via Sant’Antonio. Abbiamo trovato tanti amici e nuove opportunità. Le due bambine più grandi vanno a scuola, la più piccola all’asilo».
Avete trovato un lavoro?
«Mio marito lo sta cercando. Io a dicembre finirò un corso che ho seguito a Carbonia per diventare Operatore socio-sanitario. Prima devo concludere un tirocinio di 250 ore all’ospedale CTO di Iglesias, al termine ci sarà l’esame finale. È stato un percorso molto impegnativo». Complimenti di cuore. A settembre ha partecipato anche all’evento “Spiagge e Fondali puliti”. «Abbiamo ripulito il litorale di Masua, per fortuna non c’erano troppi rifiuti. È stata una giornata molto bella. Sono felice di poter fare qualcosa per il bene comune, sentirmi parte attiva della comunità che ci ospita. Il problema dell’ambiente riguarda il mondo intero, ma tutti possono dare il loro contributo per migliorare la situazione».